Principi epistemologici e filosofici.
Catur Upa-Veda (i 4 Veda secondari)
L’Āyurveda appartiene storicamente e tradizionalmente ai Testi basilari che sono il fondamento di tutta la cultura, la religione, la filosofia e dunque la spiritualità hinduista, vale a dire i 4 Veda: Rig Veda, il primo e il più antico, il Veda delle Strofe Mantriche, Sāma Veda, il Veda delle Melodie Mantriche, Yajur Veda, il Veda dei Rituali Mantrici, Atharva Veda, il Veda degli Atharvan, i Sacerdoti del Fuoco. Veda è un termine sanscrito che deriva dalla radice sanscrita Vid che significa illuminare, conoscere, sapere. Si narra che i Veda furono, per moltissime generazioni di Maestri e discepoli, tramandati oralmente fino all’incalzare del Kali Yuga, l’epoca attuale iniziata intorno al 3100 a.C., dove fu deciso di mettere questi Testi per scritto poiché l’uomo aveva perso la capacità della Smriti, la memoria spirituale che gli permetteva di trattenere Mantra e conoscenze esoteriche così profonde. Questo insegna la tradizione. La storia accademica pur ammettendo, sia la precedente tradizione orale rispetto a quella scritta dell’hinduismo più antico, e sia la difficoltà nel datare questi Testi, individua nel 2000-1500 a.C. la data della loro compilazione. I Veda rappresentavano i Mezzi attraverso cui Dio, conosciuto sotto diversi Nomi, aveva parlato nella Sua Lingua agli uomini. Tradizionalmente furono i cosiddetti Sapta Rishi, ovvero i 7 Veggenti a ricevere questi Mantra supremi attraverso il Loro elevato livello spirituale e di coscienza, Dio Li rese ricettacoli di queste profonde Vibrazioni Spirituali affinché l’uomo di livello spirituale inferiore avesse a disposizione i Mezzi Sonori (Mantra) per innalzare il suo livello di coscienza e portare così a compimento l’obiettivo dell’incarnazione fisica. Per questi motivi i 4 Veda rientrano nella prima delle due categorie in cui è suddivisa tutta la cultura Hinduista, da una parte c’è la Shruti, dall’altra c’è la Smriti. Shruti è un termine che deriva dal sanscrito Shrauta che significa ascoltare, esattamente quello che fecero i Rishi dei tempi antichi quando attraverso l’ascolto, portarono a terra queste Vibrazioni così potenti. Ecco la tradizione antenata di qualsiasi forma di preghiera. La Smriti indica invece ciò che viene ricordato, rammentato e include tutti i testi posteriori all’epoca Vedica. Come suddetto i Veda appartengono all’epoca più antica, fondamento di quelle successive e quindi alla Shruti, è da qui che nasce il concetto epistemologico di Mantra. I primi e più potenti Mantra, ovvero i progenitori di tutti i Mantra, sono quelli contenuti nelle Samhitā (Inni) Vediche in sanscrito antico. D’altra parte la stessa parola Mantra è un termine sanscrito che indica la graduale purificazione della mente attraverso l’uso del Suono Divino. Detto questo è d’obbligo, per qualsiasi serio operatore di spiritualità hindu, tenere presente che l’Āyurveda, come lo Yoga, per poter essere compresi correttamente non possono essere alienati dalla cultura spirituale da cui hanno preso origine e che sono appunto i Veda. L’Āyurveda in particolare è storicamente più vicino alla tradizione Vedica rispetto allo Yoga Darshana essendo l’orientamento, tra i due, che è stato sistematizzato prima. Anche etimologicamente è semplice vedere il nesso dell’Āyurveda con questi Testi antichi, non a caso Āyur-Veda, dove la parola Veda oltre che indicare la Sapienza, sigilla il legame di questa Tradizione con i Testi Vedici. La Sapienza di Āyus, dove Āyus significa Vita e dunque la Scienza della Vita, la Conoscenza, lo svelamento delle Leggi che governano la manifestazione del Piano Fisico in armonia con le Leggi dello Spirito. Ma cos’è l’Āyurveda? Esso appartiene a un sistema di conoscenze che per l’esattezza erano il frutto di 4 precisi orientamenti chiamati Upa-Veda, ovvero conoscenze ausiliarie, integrabili, che avevano preso forma dagli stessi Veda. Upa-Veda significa letteralmente Veda secondario, essi rappresentano i Veda subordinati ai 4 Veda principali. Erano e sono: Gandharva Veda, il Veda della Danza e della Musica legato al Sāma Veda, Dhanur Veda, il Veda della conoscenza del combattimento, della guerra, delle arti marziali attraverso la conoscenza dei punti vitali, progenitore di tutti gli orientamenti che fanno uso della digitopressione dei centri energetici minori, come ad esempio l’agopuntura ayurvedica, l’agopuntura cinese, lo shiatzu giapponese, è inoltre da questo orientamento che traggono origine tutte le arti marziali più o meno moderne. Il Dhanur Veda è legato tradizionalmente allo Yajur Veda. Lo Sthāpatya Veda, il Veda del Vastu, il luogo fisico in armonia con le misure Divine, gli influssi energetici direzionali, la ricerca di un’architettura terrena che sia consona alle correnti energetiche dei Piani più sottili, è il progenitore del Fengh-Shui cinese. Lo Sthāpathya Veda è legato al Rig Veda e contiene le conoscenze per posizionare in maniera energeticamente corretta qualsiasi Tempio, Āshram, ospedale o abitazione. La sua conoscenza è inoltre impiegata nelle direzioni da seguire per le varie forme di Rituali e per le diverse forme di meditazione individuali o di gruppo. Siamo giunti all’Upa-Veda che più ci interessa, l’Āyur veda, conoscenza del giusto contatto corpo-mente-Anima, degli squilibri derivanti da un contatto malsano con il Piano Fisico (Bhūr Loka), delle terapie a base di erbe, Yoga e mantriche da utilizzare per riportare l’equilibrio fisico e spirituale e della iatrochimica (utilizzo dei minerali a scopo terapeutico). Questo Upa-Veda è legato all’Atharva Veda, il Veda delle Formule Magiche, degli Atharvan e degli Anghirasas, dove veniva già fatto largo uso di piante e di Mantra a scopi sia benefici che malefici. Già nell’Atharva Veda vi sono i primi segnali dell’utilizzo delle piante come principi terapeutici e della potente unione tra Mantra e pianta medicinale. All’interno di questo antico Testo, risalente probabilmente intorno al 1200 a.C. (essendo più recente degli altri tre Veda), sono contenuti circa 731 incantesimi a base di Mantra e di piante medicinali.
Shad Vedānga ( i 6 Mezzi dei Veda)
Nell’antichità vi era un preciso ed elaborato percorso formativo dell’individuo all’interno delle scuole di formazione spirituale, il cui scopo era quello di diffondere e mantenere nel tempo queste conoscenze spirituali. Il lavoro che i veri Ācārya, termine sanscrito che indica Istruttori Spirituali autorizzati da Dio, effettuavano sui Loro discepoli, si articolava su tutti i livelli di manifestazione dell’individuo per accedere poi al principio puro dell’Ātman o Purusha. La conoscenza che si è conservata attraverso l’hinduismo e che, attraverso successive modificazioni ha dato vita a tutti i vari orientamenti alternativi in Asia e in occidente (Buddismo, Buddhismo Indiano, Tibetano e Cinese, Buddhismo Giapponese Zen, Buddhismo giapponese della scuola Nichirenshu, Reiki, Shiatzu, New age in genere), è essenzialmente contenuta nei suoi testi più antichi che, come precedentemente detto, sono i Veda. Tutto questo è storicamente un fatto. Era questo tipo di conoscenza che veniva trasmessa da Maestro (Guru) a discepolo (cela) attraverso una lunga e dura formazione di quest’ultimo per essere reso idoneo a riceverla. Questo perché, i Veda e soprattutto la prima parte di questi Testi che sono le Samhitā Vediche (Inni Mantrici), erano perlopiù inaccessibili al profano. Si tratta di vere e proprie simbologie esoteriche comprensibili soltanto all’Istruttore Spirituale che a sua volta aveva ricevuto la capacità di accedervi dal suo Maestro. Questo è il motivo per cui un vero discepolo veniva istruito su numerosi aspetti dell’Universo che ci circonda e sulle sue Leggi esoteriche. Senza la conoscenza di queste Leggi, i Mantra Vedici erano pressoché inutilizzabili. Ecco perché i Veda necessitavano dello studio e dell’approfondimento degli Upa-Veda accennati precedentemente. Ogni discepolo doveva dimostrare di avere una buona conoscenza sia dell’Āyur Veda, sia del Dhanur Veda, sia dello Sthāpatya Veda e sia del Gandharva Veda. Ma questo non era ancora sufficiente per addentrarsi ancora più approfonditamente nella Sapienza Vedica. Il cela doveva acquisire inoltre dimestichezza nella conoscenza nei cosiddetti 6 Vedānga ovvero, mezzi necessari per decifrare correttamente le Samhitā Vediche. Vi erano; il Nirukta Vedānga, conoscenza dell’etimologia, cioè l’origine e il significato delle parole sanscrite, il Kalpa Vedānga, conoscenza dei Cicli; Cosmici, Sistemici, terreni, umani, spirituali, ecc… e applicazione di queste conoscenze cicliche ai rituali. Jyotish Vedānga, conoscenza degli influssi planetari e delle costellazioni sull’uomo (Astrologia Vedica), Vyākarana Vedānga, conoscenza della grammatica sanscrita da un punto di vista sia terreno che esoterico, Shikshā Vedānga, conoscenza della fonetica e della corretta pronuncia del Sanscrito e dunque dei Mantra, Chandas Vedānga, conoscenza dei diversi metri di compilazione delle Samhitā Vediche che non hanno, ovviamente, la funzione solamente di linguaggi metrici poetici, ma sono metri diversi, utilizzati in sintonia con diverse modalità vibratorie di manifestazione del Cosmo, aventi funzioni specifiche. Gli Upa-Veda e i Vedānga, com’è logico, avevano ed hanno un forte collegamento tra di Loro. Farò alcuni esempi chiarificatori. La conoscenza del Kalpa Vedānga, vale a dire delle prescrizioni rituali, non può prescindere dalla conoscenza degli influssi direzionali energetici dello Sthāpatya Veda, la conoscenza del Jyotish Vedānga non può prescindere dalla conoscenza dell’Āyur Veda, la conoscenza della musica e della danza esoterica, Gandharva Veda, non può prescindere dalla conoscenza del Chandas Vedānga, la conoscenza dei metri ritmici, perché questa Danza e questa Musica Divine sono entrambi sistemi in accordo con i Ritmi Sonori Divini. A questo punto è facilmente rilevabile come la cultura Vedica tradizionale, siano essi i Veda Stessi, o altri testi, sono un corpus unitario e indivisibile e per comprenderne correttamente una parte non possiamo fare a meno di comprendere le altre. Lo Yoga stesso è il risultato di elaborazioni teoriche e pratiche risultanti dall’unione di diversi aspetti della Tradizione Vedica, senza i quali lo Yoga non sarebbe mai esistito e non potrebbe mai esistere.
Shad Darshana (i 6 Sistemi Filosofici ortodossi Hinduisti)
Per comprendere cosa sono i 6 Darshana, bisogna innanzi tutto tracciare una linea di demarcazione, che è la stessa suddivisione utilizzata in India, tra i sistemi di pensiero e pratici ortodossi, conosciuti con il nome di Āstika e i sistemi di pensiero e pratici non ortodossi conosciuti con il nome di Nāstika. I sistemi ortodossi sono quelli che accettano come fonte e autorità principale di tutta la loro struttura filosofica e pratica i 4 Veda e sono: Pūrva Mīmāmsā, Uttara Mīmāmsā o Vedānta, Vaisheshika, Nyāya, Sāmkhya e Yoga. I sistemi non ortodossi sono (tra l’altro sviluppatisi comunque dalla letteratura Vedica ma che non accettano come autorità principale i 4 Veda): Buddhismo, Jainismo e la Scuola materialista Lokayata di Charvaka. Oggigiorno assistiamo a delle situazioni abbastanza incoerenti, risultato di connubi che epistemologicamente e filosoficamente non dovrebbero convivere, come ad esempio un praticante buddhista che dice di credere allo Yoga ma non ai Veda, o un Jaina che dice di accettare il Sistema filosofico del Vedānta ma non i Veda o lo Yoga, ecc…. Queste scelte di vita, per quanto giustamente libere, sono, con quello precedentemente detto, filosoficamente e storicamente in contraddizione tra loro e dunque sostanzialmente scorrette e quindi inaccettabili da un vero studioso e praticante di hinduismo. Accenneremo ora ad una descrizione preliminare di questi 6 Āstika Darshana. Pūrva Mīmāmsā significa letteralmente “prima indagine”. La parola indagine, come ogni concetto nell’hinduismo, non ha una funzione casuale, poiché in realtà i 6 Darshana sono 6 indagini svolte da prospettive differenti sul contenuto dei 4 Veda considerati tradizionalmente da tutti e 6 i Sistemi, come detto prima, loro Fonte principale. Ecco perché lo Yoga è indissolubilmente legato alla cultura Vedica. Chi afferma il contrario, può suonare scortese, ma non conosce né la storia, né la cultura, né la filosofia hinduista ed afferma il falso, contrapponendo la sua opinione personale a migliaia di anni di cultura hindu, dalla quale lo Yoga trae la sua origine. Tornando alla prima indagine (Pūrva Mīmāmsā), la sua analisi e il suo contenuto si basavano sull’aspetto ritualistico dei Veda, elaborandolo e sistematizzandolo. La sua funzione principale era quella di esaltare i Rituali Vedici (Yajña o rituali del Fuoco, Pūjā, Rituali di adorazione, ecc…) come mezzi fondamentali per contattare sia Bhagavān (Dio), sia il proprio Ātman, sia i Deva, che sono diverse Manifestazioni dell’Energia Cosmica Divina di maggiore o minore levatura spirituale e che adempiono funzioni diverse. È un Darshana essenzialmente pratico, il suo sistematizzatore terreno è conosciuto con il nome di Jaimini. Uttara Mīmāmsā, ovvero “seconda indagine”, rappresenta l’aspetto teorico della prima indagine, del Pūrva Mīmāmsā, ed è arrivato fino ai giorni nostri sotto il nome di Vedānta che significa “compimento dei Veda”, parte finale dei Veda, ed è essenzialmente un aspetto filosofico-conoscitivo nato per sviluppare il Vijñānamayakosha, la Mente Spirituale dell’essere umano attraverso riflessioni profondamente discriminative, dove ogni cosa viene percepita e vissuta come una forma dell’Illusione, la Māyā. Attraverso la pratica costante di Viveka (discriminazione spirituale) e Vairāgya (distacco) possiamo accedere, secondo il Vedānta, all’Energia onnipervadente di Dio, il Brahman impersonale fondendosi in Esso. Detto così può sembrare semplice, ma il vero viveka e il vero vairāgya sono molto difficili da raggiungere e sono il risultato di numerosi sforzi compiuti in molte vite. Il Testo di questo Darshana è conosciuto come Vedānta Sūtra o Brahma Sūtra, il suo decodificatore sotto il nome di Bādarāyana o Vyāsa Deva. Nyāya Darshana, “analisi”, “logica”, è la spiegazione approfondita dei mezzi attraverso i quali si accede a qualsiasi forma di conoscenza e di interpretazione della realtà. I mezzi conoscitivi (Pramāna), secondo il Nyāya, per citare alcuni dei suoi aspetti fondamentali, sono Shabda, la testimonianza indiscussa proveniente dai Veda, Anumāna, ovvero l’inferenza, Upamāna, la comparazione, Pratyaksha, la percezione diretta. Secondo il Nyāya per avere qualsiasi tipo di visione della realtà necessitano sia i Pramāna, cioè i mezzi di conoscenza citati sopra, sia Pramitri, il soggetto conoscente e sia Prameya, l’oggetto da conoscere. Questo è uno dei Sistemi importato dall’Āyurveda Tradizionale per realizzare una buona diagnosi. Il suo decodificatore è Gautama. Vaisheshika Darshana, questo Sistema insieme al Sāmkhya a cui accenneremo più avanti, è alla base della struttura conoscitiva Ayurvedica. È il sistema atomistico, il quale analizza la Creazione in ogni sua parte, approfondendone ogni aspetto specifico. È da questo sistema che trae origine la conoscenza sui Guna, sugli Atomi (Anu), ed è sempre da questo sistema che trae origine la scienza conosciuta come Dravyagunashāstra che sta a significare “la conoscenza qualitativa delle sostanze materiali”. La divisione di base del Vaisheshika è quella tra Dravya: sostanza, Guna: qualità e Karman: movimento. Le Dravya sono i Pañcamahabhūta (i 5 Elementi della Creazione), Kāla (il Tempo), Dik (lo Spazio), Manas (il Principio emotivo-mentale) e Ātman (l’Anima). I Guna, non sono i Guna del Sāmkhya, ovvero il Tamas, il Rajas e il Sattva, ma sono le caratteristiche specifiche di Dravya e sono 17. Sono l’attrazione, la repulsione, la vicinanza, la lontananza, la disgiunzione, la congiunzione, il caldo, il freddo, l’umido e il secco, ecc… I Karman rappresentano il movimento di queste sostanze in senso lato e sono 5 movimenti. Verso l’alto, verso il basso, la contrazione, l’espansione e il movimento circolare (Gamana). Il decodificatore di questo sistema filosofico è Kanāda e come gli altri Darshana non è possibile stabilire una data precisa. I due testi di riferimento di questo Darshana sono il Vaisheshika Sūtra di Kanāda e il Padārthadharmasamgraha di Prachastapāda, posteriore a Kanāda e che può essere considerato un commentario e un ampliamento al Vaisheshika Sūtra. Genericamente questo Darshana può essere datato tra il III° secolo a.C. e il I° secolo d.C., insieme al Sāmkhya e al Pūrva Mīmāmsā è uno dei sistemi più antichi di cui la datazione precedente simboleggia la sua sistematizzazione scritta, ma preceduta da una lunga e ininterrotta tradizione orale attraverso una ben precisa Linea Disciplica, la Vaisheshika Sampradāya, risalente all’epoca Vedica. Approfondiremo il Vaisheshika Darshana ulteriormente perché questo sistema è alla base sia della classificazione Ayurvedica di piante e cibi, ma sia anche del vero Tantrismo. Sāmkhya Darshana, siamo giunti alla formulazione post-Vedica della Creazione dell’Universo, alla base di tutte le varie correnti religiose e spirituali che fanno riferimento all’Hinduismo e quindi anche dell’Āyurveda e dello Yoga. Sia il Vaisheshika Darshana che il Sāmkhya postulano come fondamento di tutti i fenomeni una Forza Energetica che rimanendo celata a tutte le successive modificazioni, è la Causa e il Fondamento di ogni fenomeno percepibile, sia a livello sottile che a livello grossolano. Il Vaisheshika la chiama Adrishta, l’Invisibile e la considera la base del Dharma, la Legge Divina. Il Sāmkhya la denomina Avyakta, l’Immanifesto. Da Avyakta procedono le atre 23 categorie descritte dal Sāmkhya, 23 enumerazioni di stati specifici di concretizzazione dello Spirito in manifestazione materiale che con Prakriti e Purusha ammontano a 25 Tattva. Lo stato di Avyakta indica una Prakriti indifferenziata o Pradhāna che si dice essere messa in movimento dal Purusha, Lo Spirito Supremo, che comincia il Suo lavoro di dinamizzazione della Materia, portando in uno stato di squilibrio i Triguna; Sattva, Rajas e Tamas (Guna Kshoba). Segue il Mahat Tattva, il Piano dell’Intelligenza Cosmica che seguendo le indicazioni del Purusha comincia a strutturare la Materia in manifestazione, che ora è Vikriti, corrispondente alla Buddhi nell’uomo. Segue l’Ahamkāra, l’ego incarnato, il Principio coordinatore inferiore che coordina e struttura attraverso l’utilizzo del Manas (la mente inferiore), dei 5 Jñānendriya (organi di percezione) e dei 5 Karmendriya (organi di azione). La genesi del Sāmkhya si sviluppa su due linee parallele, una atta a formare le Anime individuali, i Purusha appunto, l’altra a formare le porzioni di materia sperimentabili dai Purusha rispettando l’antica divisione Hindu tra Kshetra, il campo dell’esperienza e Kshetrajña, lo sperimentatore del campo, cioè il soggetto individuale. La prima linea è quella descritta sopra e porta alla formazione dei soggetti in incarnazione fisica, la seconda linea procede dalla Prakriti differenziata o Vikriti da cui si sviluppano i 5 Tanmātra, la matrice sottile dei Pañcamahabhūta (i 5 Elementi) che sono la base della Materia sperimentabile dai 5 sensi. I Tanmātra manifestano gli Elementi nel loro aspetto più sottile che sono gli oggetti sottili del godimento derivante dal Samyoga (congiunzione tra soggetto e percezione dell’oggetto) del Vaisheshika Darshana, cioè la fruizione derivante (Bhoga) dal contatto tra individuo e porzioni diverse di Materia. Tutto si sviluppa dalle Matrici sottili dei 5 Elementi. I Sūkshmamahabhūta possono essere considerati come le porzioni elementari di Materia sperimentabili a livello eterico, emotivo e mentale attraverso il Prānomayakosha e il Manomayakosha e i loro prodotti, ovvero gli Sthūlamahabhūta, gli elementi più grossolani, sono le porzioni di Materia sperimentabili attraverso l’Annamayakosha, il corpo fisico-denso. Ogni Tanmātra è il risultato di proporzioni variabili dei Triguna, così come ogni Bhūta è il risultato di proporzioni variabili dei Tanmātra. Per Tanmātra si intende sia i Sūkshma Bhūta, ovvero gli Elementi nel loro stato sottile, sia le qualificazioni degli elementi, sia nel loro stato preesistente agli elementi sottili, sia inerente agli elementi sottili che grossolani (Pāra Tanmātra, Sūkshma Tanmātra, Sthūla Tanmātra). I Tanmātra sono: 1) Shabda (il Suono), 2) Sparsha (il Contatto), 3) Rūpa (la Forma), 4) Rasa (la Gustazione), 5) Gandha (l’Odorato) e sono rispettivamente e intrinsecamente connessi ad 1) Ākāsha (Etere), 2) Vāyu (Aria), 3) Tejas (Fuoco), 4) Apas (Acqua), 5) Prithvī (Terra).