Kālīyuga, era messianica e Dashāvatāra

La maggioranza degli avatāra sono, tradizionalmente, nell’Induismo, tutte manifestazioni di Vishnu (aspetto divino della trimūrti hindū collegato al sattva guna, la qualità più pura della materia o prakriti, utilizzata nella creazione) e quindi collegati all’energia cristica o vaishnava (relativa a Vishnu), l’aspetto del Figlio della trinità cristiana. Vishnu è considerato il portatore di prema, l’amore divino e universale, l’energia divina che consente di conservare tutto ciò che nella creazione è benefico, in relazione alle coscienze umane e al sistema di cui fanno parte, è l’essenza della seconda forza o emanazione . Shiva manifesta l’aspetto del Padre che spiana la strada al Figlio, l’energia divina della distruzione e del potere, la prima emanazione. Gli avatāra di Shiva, sono meno conosciuti alla collettività in quanto hanno un ruolo, perlopiù, di precursori dell’energia cristica o vaishnava e ne preparano l’avvento, spesso agiscono dietro ai loro fratelli, essendo la loro azione, soprattutto relativamente a questa fase temporale, differente. Shiva, in quanto signore del tamas guna , gestisce l’aspetto più materiale, illusorio, statico e ottenebrante della materia ed ha la funzione di controllare e trasmutare tale qualità materiale in sattva, per consentire le azioni successive. Il principio che l’essere umano, in questo mahāyuga, deve sviluppare è quello cristico, sebbene senza l’azione preparatrice di Shiva, a livello mondiale , non sarebbe stato possibile per i dashāvatāra di Vishnu e né per gli avatāra futuri, manifestarsi. Il Bhāgavatapurāna, importante testo sacro induista, descrive i dieci principali avatāra in questo modo: Matsyāvatāra, Kūrmāvatāra, Varāhāvatāra, Narasimhāvatāra, Vāmanāvatāra, Parashurāmāvatāra, Rāmāvatāra, Krishnāvatāra, Buddhāvatāra, Kalki avatāra. Nella tradizione indù viene detto che Krishna, l’ottavo avatāra, si è manifestato all’approssimarsi del Kālīyuga, circa 5.117 anni fa, la sua dipartita viene calcolata nel 3.102 a.C., precisamente, secondo i calcoli di questo libro, con l’inizio del penultimo o undicesimo pāda del Dvāparayuga discendente e non con l’inizio preciso del Kālīyuga come, comunemente, si crede , sebbene, con l’inizio di questo pāda, si avvicina l’approssimarsi di tale era. Quando in alcuni testi sacri, si afferma che con la dipartita di Krishna, comincia il Kālīyuga, s’intende, a mio avviso, nel senso che, poi diversamente interpretato , il Kālīyuga era prossimo e che la missione divina dell’avatāra Krishna era quella di preparare l’essere umano alla fine imminente del Dvāparayuga discendente, ossia, la fine di un’era con tutti i profondi cambiamenti coscienziali che un passaggio come questo comporta. Il nono avatāra è colui che è conosciuto come Siddhārta Gautama o Shakyamuni Buddha, il Buddha storico nato intorno al 566 a.C., in Nepal meridionale, ai confini con l’India. Il decimo avatāra, Kalki, è secondo l’insegnamento esoterico, Gesù Cristo, manifestatosi circa duemilaquindici anni fa in Palestina, il quale è venuto ad annunciare, verso la fine dell’era dell’Ariete, specificatamente, nell’ultimo quarto di tale eone (2.160/4=540 anni ovvero: 42 a.C.-498 d.C.), l’imminente passaggio dalla costellazione dell’Ariete alla costellazione dei Pesci ovvero dall’eone dell’Ariete, caratterizzante la fase discendente del Kālīyuga, all’eone dei Pesci, caratterizzante la fase ascendente del Kālīyuga, inaugurando l’era messianica, che coincide, non a caso, con l’approssimarsi del passaggio all’emiciclo ascendente del mahāyuga planetario, il quale secondo questi calcoli è stato intorno al 498 d.C., con la fine del primo eone (Ariete) del Kālīyuga planetario. Essendo il Kālīyuga (incluso il suo sandhi iniziale) cominciato (in base a tali calcoli) nel 1662 a.C. (2382 a.C. meno il sandhi finale del Dvāparayuga discendente di 720 anni) ed essendo il Kālīyuga (compresi i sandhi) composto, come abbiamo visto, da due eoni astrologici di 2.160 anni, tutto questo ci porta direttamente al 498 d.C. . In altre parole l’avvento messianico, ha preparato l’umanità al passaggio dall’eone discendente dell’Ariete a quello ascendente dei Pesci che rappresenta lo spartiacque temporale tra illusione e divino, tra male e bene, tra adharma e dharma, tra Satana e Dio, tra discesa dal dharma verso l’adharma e risalita dall’adharma verso il dharma, tra il ciclo dell’esilio e quello del ritorno, la divisione tra l’emiciclo planetario discendente e quello ascendente ed in questo consiste il significato mondiale, mistico e spirituale della resurrezione che Gesù Cristo, decimo avatāra di Vishnu, è venuto ad annunciare all’essere umano ed in questo suo compito particolare, assume il necessario ruolo di messia e di redentore. La resurrezione del Messia rappresenta terrenamente e misticamente, letteralmente, la resurrezione mondiale, nel senso dell’ascesa spirituale dell’essere umano nel passaggio dall’illusione materiale dell’emiciclo discendente del mahāyuga planetario, caratterizzato da un progressivo aumento del tamas guna, all’emiciclo ascendente caratterizzato da un progressivo aumento del sattva guna e da una graduale, ma sempre più forte, anche se non indolore, presa di coscienza divina. Tale passaggio temporale può essere definito come era messianica e della resurrezione, così come l’era successiva sarà quella dell’ascensione. Da una prospettiva mistica e religiosa tutto questo s’inserisce all’interno dello scontro tra le forze demoniache e dell’illusione che trattengono in basso le anime degli esseri umani e ne ostacolano, appunto, l’ascensione e le forze divine che invece cercano di favorire nell’essere umano la consapevolezza spirituale, è in questo scenario che s’inserisce la rivelazione di Giovanni apostolo o apocalisse. Gesù Cristo e il Cristianesimo primitivo ed esoterico, che da lui e da Giovanni Battista definito il Precursore, ha preso forma e sostanza, si sono manifestati esattamente in prossimità della fase centrale del Kālīyuga planetario, caratterizzata da particolari significati astrologici, adesso vedremo, più nel dettaglio, perché. Secondo le tradizioni astrologiche antiche, ogni evento, in relazione all’essere umano, cade sotto l’influsso delle dodici costellazioni e questo vale anche per i cicli temporali, siano essi cicli maggiori o minori. Tali influssi sono però, a mio avviso, come dirò più volte in questo libro, da ricercarsi in alcune stelle specifiche presenti in tali costellazioni, in relazione alla Terra, più che in relazione tra loro. Ovverosia, possono anche avere delle mutue relazioni, ma il raggruppamento di cui sono protagoniste, all’interno della stessa costellazione, è dovuto a specifiche correlazioni quantistiche che coinvolgono più direttamente il nostro sistema solare e il nostro pianeta Terra e che le distinguono dalle stelle appartenenti ad altre costellazioni. In qualche modo, per chi crede all’astrologia esoterica, gli antichi riuscirono ad individuare tali entanglement tra enti diversi ma dove la coscienza dell’essere umano era fortemente implicata. Secondo questa visione furono identificati dodici insiemi di stelle che all’interno del campo unificato dell’universo, erano caratterizzati da entanglement quantistici con il nostro sistema solare, tali insiemi di stelle sono passate all’umanità come le dodici costellazioni e anche se in astronomia, questi raggruppamenti sono soltanto apparenti e in realtà è così, non sono però, da un punto di vista esoterico, casuali. Questo è, secondo me, il fondamento principale della vera astrologia esoterica. Attraverso l’influenza di queste dodici costellazioni, nella visione astrologica dei cicli temporali, è teoricamente possibile calcolare quali sono gli influssi astrologici secondari (pāda e upapāda) oltre a quelli principali (eoni astrologici) in atto in un particolare momento spaziotempo. Prendiamo gli yuga con i loro sandhi, anche ogni yuga planetario, attraverso i dodici pāda, come precedentemente detto, passa dall’influenza delle dodici costellazioni nel suo procedere, oltre alle costellazioni che caratterizzano gli eoni principali di 2.160 anni di ciascun yuga. Questi dodici cicli minori o pāda, all’interno di ogni yuga, possono essere definiti anche eoni minori, corrispondendo ad un dodicesimo di ciascun yuga, in relazione allo yuga di riferimento, coprono spazi temporali logicamente differenti (360 anni per il Kālīyuga, 720 per il Dvāparayuga, 1.080 per il Tretāyuga e 1.440 per il Satyayuga). Da notare è anche il fatto, come già constatato e presumibilmente non casuale, che dividendo ogni yuga, inclusi i suoi sandhi, di un mahāyuga planetario, per dodici otteniamo la stessa durata dei sandhi in ogni rispettivo yuga, come calcolati tradizionalmente all’interno dell’Induismo, in altre parole la durata di ogni sandhi equivale a un dodicesimo della durata del rispettivo yuga compresi gli stessi sandhi, iniziali e finali, oppure a un decimo dello yuga effettivo esclusi i due sandhi, quindi coerentemente al significato esoterico e mistico del numero 12 e alla sua ricorrenza nei calcoli di questi cicli temporali è evidente come questa cifra, un dodicesimo di uno yuga planetario, sia un arco temporale minore di una certa importanza all’interno del mahāyuga planetario, in particolare considerato il fatto che tale periodo viene utilizzato, nella tradizione induista, per stabilire, appunto, la durata di ogni sandhi. Se noi dividiamo, quindi, la durata del Kālīyuga planetario compresi i suoi due sandhi (1662 a.C–2658 d.C.), 4.320/12, otteniamo dodici eoni minori o pāda della durata di 360 anni precisi, da collegare alle dodici costellazioni astrologiche, che sono: 1° Kālīyugapāda dell’Ariete (Mesha) o Kālīyugasandhi iniziale (1662 a.C.-1302 a.C.), 2° Kālīyugapāda del Toro (Vrishabha, 1302 a.C.-942 a.C.), 3° Kālīyugapāda dei Gemelli (Mithuna, 942 a.C.-582 a.C.), 4° Kālīyugapāda del Cancro (Kataka, 582 a.C.-222 a.C.), sino ad arrivare al 5° Kālīyugapāda (222 a.C.-138 d.C.), quello che ci interessa in riferimento a Gesù Cristo o Kalki avatāra e all’era messianica. Il quinto pāda è in relazione con la quinta costellazione dello Zodiaco ovvero il segno del Leone (Simha). Sappiamo che astrologicamente, il Leone (Simha) è governato dal Sole (Sūrya), cioè il cuore di questo sistema, che ne esprime la vibrazione fondamentale e questo elemento da solo all’interno di questo contesto, è certamente riconducibile all’energia cristica, cuore di questo sistema solare. Sappiamo anche, come si evince dai libri di Alice Ann Bailey, che il maestro Djwal Khul attraverso la stessa Bailey, comunicò che questo è un sistema solare di secondo raggio , ovvero, la cui vibrazione fondamentale è quella dell’amore cristico, manifestata nella Gerarchia spirituale del pianeta dall’entità Cristo. Il quinto pāda copre una distanza temporale che va dal 222 a.C. al 138 d.C., periodo storico dell’avvento del Messia. Questo evento è, inoltre, caratterizzato dal fatto che si approssima al momento dello spartiacque tra fase discendente e fase ascendente (da non dimenticare che il senso della discesa e dell’ascesa è sempre spirituale) ovvero si apre letteralmente e per definizione l’era messianica, il punto di maggior tensione tra i due aspetti della creazione, quello dell’illusione terrena e materiale e quello dello spirito, dove queste forze opposte ma anche interconnesse entrano in una fase di maggior conflitto, siamo vicini, nello specifico, al 498 d.C., il punto di mezzo tra la fase discendente e la fase ascendente del mahāyuga planetario e tutto ciò che si oppone all’evoluzione spirituale umana, tende a rinforzarsi e a consolidare la sua permanenza in questo mondo, percependo che i tempi sono tali per cui il dharma tenderà a ricollocarsi al suo posto. Duemilaquindici anni fa, circa, questa svolta temporale stava cominciando e il mondo necessitava di un nuovo equilibrio, concretizzatosi nel decimo avatāra di Vishnu. Un rinnovato aspetto di Jñānashakti, la sapienza amorevole universale e divina, stava entrando in manifestazione in questo pianeta e ciò che si oppone all’evoluzione coscienziale umana, definito nelle tradizioni religiose come male, avrebbe fatto di tutto per ostacolarne la presenza e la permanenza evolvendosi a sua volta, come farebbe un virus particolarmente aggressivo con il sistema immunitario del suo ospite. L’avvento messianico è cominciato circa duemilaquindici anni fa, ma è tuttora in atto fino al 2658, anno in cui il dharma tornerà sopra l’adharma, la legge divina assumerà gradatamente il controllo sul caos che attualmente imperversa nel pianeta ed ogni cosa, nella creazione, ritroverà progressivamente il posto che le compete e per cui è stata creata. Questo è il senso più profondo dell’era messianica, connesso al profondo significato simbolico e rappresentativo, che poi vedremo, dell’eone di riferimento, l’eone dei Pesci, il quale inaugura l’inizio dell’emiciclo ascendente e tale era. Tutto questo può essere interpretato attraverso un significato astrologico e dunque attraverso specifiche correlazioni quantistiche tra enti diversi, di valenza planetaria e sistemica rispetto a ciò che circa duemilaquindici anni fa prese forma, a livello fisico, sia attraverso Gesù Cristo, sia attraverso la Precorritrice dell’avvento messianico, Maria o in ebraico, Miriam, che incorporava (e incorpora) l’aspetto yin e materno del Divino, collegato alla materia o prakriti (sanscrito), ma anche per mezzo del Precursore, nella figura di Giovanni il Battista o in ebraico, Yehohanan, espressione dell’energia preparatrice di Shiva, il Padre che “apre la strada” al Figlio, Vishnu, preparandone letteralmente l’avvento . Tutti e tre, Maria, Giovanni il Battista e Gesù Cristo, sono venuti per inaugurare il passaggio del campo vibrazionale del pianeta Terra, ad un livello superiore, spiritualmente ed evolutivamente. Se l’anno platonico e le ere astrologiche, hanno uno stretto legame con gli yuga hindū e se tali cicli non possono prescindere, per definizione, dagli avventi avatarici, è chiaro che tali avventi hanno inevitabili e forti connessioni con le stelle e nello specifico, con le ere astrologiche e gli stessi yuga, tali connessioni devono solo essere riscoperte. È chiaro anche che ognuno dei suddetti avatāra e non solo Gesù Cristo, è venuto per adempiere a delle funzioni specifiche per volontà divina, manifestando ciascuno un aspetto particolare della Coscienza divina universale, in relazione agli yuga e alle ere zodiacali corrispondenti. Tenete presente che gli avatāra di Shiva, nei testi tradizionali hindū, sono menzionati solo in rare occasioni ed in questo capitolo verranno considerati solo marginalmente, altrimenti il discorso si farebbe ancora più complesso. Ad ogni modo, i fenomeni avatarici e i cicli temporali, sono aspetti della realtà divina e universale che riguardano direttamente ogni singolo individuo che esiste in questo pianeta, in questo sistema solare, in questa galassia, in questo universo ed in senso lato, in questo multiverso, per questo la vera conoscenza mistica ed esoterica rifugge da qualsiasi irrigidimento religioso o presa parziale di posizione, perché tutto ciò limita sistematicamente la visione della verità e non contempla l’infinito disegno divino. I dieci avatāra di Vishnu, rappresentano l’evoluzione dell’amore e dell’umanità. Tra gli avatāra di Shiva tradizionalmente riconosciuti dall’Induismo, possiamo citare Hanumān e Shankarācārya ma in realtà, secondo alcune formulazioni esoteriche, sarebbe da annoverare tra gli avatāra di Shiva anche Giovanni Battista, il precursore di Gesù Cristo, riconosciuto, come precursore del Messia, anche dal Cristianesimo. Va ricordato che recentemente, abbiamo assistito alla più grande e completa manifestazione dell’energia di Shiva in un corpo fisico sul pianeta ovvero Shrī Hairākhan Babaji , anche se, in questo caso, siamo davanti ad un fenomeno diverso, in quanto Shrī Babaji non è un avatāra ma il Mahāvatāra, il più grande degli avatāra, gli avatāra sono diversi, ma di Mahāvatāra ce n’è uno. Egli manifesta, secondo la tradizione, l’aspetto totale, in riferimento al pianeta Terra, di Shiva Mahādeva. I diversi fenomeni avatarici, come già detto, si manifestano, all’interno di un mahāyuga planetario di 64.800 anni, di cui 42.557 anni già passati. Per entrare ancora più nello specifico in questa tematica, dobbiamo comprendere meglio la precessione degli equinozi. La precessione equinoziale è il risultato di un particolare moto terrestre che modifica gradatamente l’orientamento dell’asse di rotazione terrestre relativamente alla sfera ideale delle stelle fisse. Tale processo consiste nella rotazione dell’asse terrestre intorno alla perpendicolare all’eclittica, come potrebbe accadere, paradossalmente, ad una trottola che ritorna nella sua posizione originale ogni 25.920 anni circa, ma a causa del tipico moto di rivoluzione, cioè della rotazione del globo terrestre intorno al Sole (che segna lo scandire dell’anno solare, come la rotazione del globo terrestre intorno al proprio asse o rotazione, segna lo scandire del giorno e della notte), la precessione equinoziale determina un ritardo di circa 20 minuti, tale per cui alla fine di un anno solare, l’asse Terra-Sole non raggiunge la stessa posizione zodiacale di partenza ovvero l’anno siderale non è ancora completo. Tale precessione è la conseguenza della combinazione di due fattori, ovvero, la particolare forma della Terra che sporge all’equatore, quindi non totalmente sferica e le interazioni gravitazionali, solare e lunare, le quali manifestano le loro azioni proprio sulla sporgenza equatoriale nel tentativo di allineare l’asse terrestre, questo movimento precessionale, si dice, completi il suo giro in circa 25.800 anni. Se prendiamo come punto di riferimento il giorno dell’equinozio di primavera, il 21 marzo, ogni anno il Sole si troverà, rispetto all’anno precedente o in un punto diverso della stessa costellazione o nella precedente costellazione zodiacale rispetto a quella che è la successione tradizionale ovvero il ciclo zodiacale dell’anno solare. Un’era astrologica, se suddividiamo i 25.920 anni nelle dodici costellazioni, corrisponde tecnicamente a 2.160 anni, ogni eone della durata di 2.160 anni, viene denominato con il nome del segno zodiacale all’interno del quale si trova la posizione apparente del Sole rispetto alla Terra all’equinozio di primavera. In altre parole, nel corso di circa 2.160 anni cambia, astrologicamente, l’influenza della costellazione, anche se tale cifra non è contemplata dall’astronomia che invece considera la durata di ogni eone differente da costellazione a costellazione. La posizione apparente del Sole nell’equinozio di primavera, cambia costellazione con un moto retrogrado rispetto alla successione delle costellazioni nel tradizionale ciclo astrologico annuale. Quindi il moto precessionale è retrogrado, cioè in sostanza opposto alla sequenza zodiacale dell’anno solare, in altre parole, le ere astrologiche seguono l’ordine inverso dei segni zodiacali durante l’anno. Prendiamo di riferimento l’era astrologica del Toro (Vrishabha) che va dai 5.837 ai 3.677 anni fa circa, a questo eone è seguito quello dell’Ariete (Mesha), da 3.677 a 1.517 anni fa circa e quindi quello dei Pesci (Mina) intorno a 1.517 anni fa circa (preparato, come abbiamo visto, dall’avvento di Gesù Cristo o Kalki avatāra), tuttora in atto, l’età successiva sarà quella dell’Acquario (Kumbha), intorno al 2658. La precessione degli equinozi segna la differenza tra astrologia indiana o vedica (jyotishavedānga) o siderale, che tiene conto di questo fattore astronomico nei suoi calcoli e astrologia occidentale o tropicale che invece non tiene conto di questo fattore e basa i suoi calcoli sull’anno solare scandito dalle stagioni, dai solstizi e dagli equinozi. In epoca moderna il concetto di età dell’Acquario (Kumbha) è stato cavalcato, spesso con una certa approssimazione e superficialità, da quello che viene definito sommariamente come “movimento New-age” , letteralmente, appunto, nuova età, sovente senza conoscere l’origine tradizionale e storica di questo concetto, ma soprattutto i suoi legami con gli yuga induisti. In questo schema precessionale l’era messianica è connessa con la fine dell’eone discendente del Kālīyuga (Ariete o Mesha) e inaugura l’inizio dell’eone ascendente dello stesso yuga, quello dei Pesci (Mina), successivamente alla venuta di uno dei suoi maggiori rappresentanti, Gesù Cristo, come l’eone dell’Acquario (Kumbha) coinciderà con l’entrata nel sandhi iniziale del Dvāparayuga ascendente, dando inizio, come abbiamo visto, a quel particolare periodo che segue l’era messianica, che può essere definita come era ascensionale o dell’ascensione. Altro concetto fondamentale da tenere presente è quello di non immaginare o pensare il passaggio da un eone ad un altro e quindi dall’influsso di una costellazione ad un’altra, come se ciò accadesse repentinamente, perché non è così. Mentre l’indebolimento graduale dell’azione energetica, in riferimento, ad esempio, ai tre piani della manifestazione più materiale (mentale, emotivo e fisico-eterico) della costellazione uscente è sempre in atto, subentra l’influsso della nuova costellazione entrante ma in maniera altrettanto graduale, mentre l’azione di una lentamente si abbassa, l’azione dell’altra, lentamente si alza. L’azione della costellazione precedente persiste per diverso tempo a venire anche quando l’eone successivo è a tutti gli effetti cominciato. Va detto però, che per gli scienziati i confini delle costellazioni sono arbitrari e quindi, secondo l’astronomia, le varie età astrologiche hanno una durata che è relativa alla convenzione adottata per definire i confini di ogni costellazione. Va inoltre detto che alcuni studiosi attualmente contano tredici costellazioni, oltre le dodici tradizionali, avendo incluso anche Ofiuco, anche se secondo me, il fatto di averne considerate dodici e non tredici, fin dall’antichità, ha una sua precisa ragion d’essere che è, plausibilmente giustificata dalle antiche rivelazioni su quelle che sono le fonti energetiche stellari primarie e fondamentali, in relazione alla specie umana, come poi risulta evidente dall’importanza del numero 12 in tutti i calcoli temporali che abbiamo fino ad ora fatto, nonché come cifra fondamentale e nevralgica in numerose correnti mistiche, esoteriche e religiose dell’antichità, compreso il Cristianesimo con, ad esempio, i dodici discepoli. In ogni caso, è doveroso ricordare che gli astronomi associano eoni di durata diversa ad ogni costellazione e non i classici 2.160 anni per ogni costellazione, per quanto la somma di tali eoni sia sempre, approssimativamente, intorno ai 25.920 anni, ma, va detto, che solo con queste cifre (25.920 e 2.160) è possibile mettere in relazione, in maniera così lineare, elegante e pulita, eoni astrologici e anno platonico con gli yuga hindū e ottenere, dai relativi calcoli, numeri interi (ad esempio: 64.800/2.160=30 eoni, 64.800/2.150=30,1395348837 eoni). Nel capitolo successivo, affronteremo alcuni aspetti importanti della scienza dei cicli (kalpavedānga), ramo fondamentale della conoscenza induista antica (fortemente connesso al jyotishavedānga. Vedere nota 33), rivisitato alla luce di ciò che è stato sin qui teorizzato.
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